Dedicato alla memoria di Yoshinobu Nishizaki


Archetipi di Gatlantis Nella Letteratura del Passato














L'invasione aliena è il tema principale nel classico universo delle produzioni legate alla saga di Yamato. 
Ciò che concerne un possibile attacco al pianeta Terra da parte di entità extraterrestri è un argomento che anche nella realtà tende a essere ricorrente in periodi storici caratterizzati dal timore di una vera invasione.
L’invasione extraterrestre è presente già nella narrativa più antica, in racconti filosofici, spesso in relazione al tema della "pluralità dei mondi", o in satire a sfondo sociale.
Nelle storie di fantascienza classica il fine dell'invasione aliena è spesso lo sfruttamento del pianeta Terra per esaurimento delle materie prime del mondo d'origine degli extraterrestri, o come nella Serie 1, l’invasione avviene a causa di un mondo che va incontro alla distruzione (per via di un evento catastrofico naturale per cui gli invasori cercano di terraformare il pianeta per renderlo più adatto alle loro esigenze). 
Talvolta il fine dell'invasione rimane misterioso, a rimarcare l'incolmabile alienità degli extraterrestri nei confronti degli esseri umani invasi.

Durante la prima fantascienza del secolo scorso, gli extraterrestri sono stati spesso rappresentati come semplici personaggi stereotipati, antagonisti malvagi dell'eroe umano. 
Con la nascita dell'ufologia alla fine degli anni quaranta e la corsa allo spazio, gli extraterrestri hanno goduto di rinnovato interesse nell'opinione pubblica. 
Con gli anni sessanta-settanta queste figure dimettono il semplice ruolo di mostri e crudeli invasori per venire descritti in modo più complesso nei loro aspetti psicologici e culturali, superando gli stereotipi precedenti e rendendosi più spesso protagonisti delle storie, assieme alla loro civiltà e al loro ambiente.
Nella fiction di Yamato sono gli imperi di Gamilas, di Gatlantis, della Dark Nebula, di Polar e di Dunghil a rispecchiare appieno questa nuova forma di pensiero.








I possibili archetipi della fortezza Gatlantis










Il castello di Laputa in una stampa ispirata
al romanzo di Swift
Nei precedenti post abbiamo parlato di pianeti d’acqua, dell’ideologia di Sherpard e del pensiero totalitarista di Desslok, ma abbiamo trascurato quello di Zodar e degli inquilini della fortezza dell’Impero della Cometa.
Da dove trae origine e da dove affonda le proprie radici la concezione di gigantesche fortezze volanti come quella del Principe Zodar protagonista assoluta in Arrivederci Yamato e nella successiva Serie 2?
Fin dove possiamo spingerci per trovare nella letteratura del passato un' analogia con essa?

L’impero oggi non avrebbe l’aspetto di così come lo conosciamo se Matsumoto e lo staff dell’Academy non avessero letto (o quanto meno sentito parlare) dei lavori di alcuni dei più famosi pionieri della letteratura fantascientifica dei secoli scorsi, forse anch'essi ispirati da uno dei più grandi poemi epici dell'India: il Mahābhārata, dove le ‘città volanti’ dell’antica India erano chiamate Saubha.
Nel capitolo 3 (versetti 6-10) del Sabha Parva, infatti, troviamo riferimenti alle città celesti, alcune spaziali, quella del dio Indra per esempio, nella cui descrizione troviamo alcune similitudini con la stessa Gatlantis: Si diceva infatti che essa: la città di Indra, rimase permanentemente nello spazio, ma non solo, fu costruita interamente in metallo e conteneva edifici.

Nell'epoca più contemporanea facciamo invece i nomi di  Jonathan Swift, di Alexander Weygers e James Blish che anni prima di Matsumoto e di Steven Spielberg fantasticavano di città volanti nella loro mente.
Il primo, Jonathan Swift già nel 1727 narrava nel suo romanzo di una razza di esseri simili agli uomini che vivevano su un'isola-fortezza galleggiante di quattro miglia e mezzo di diametro, manovrata e governata dai suoi abitanti utilizzando un gigantesco magnete. 
Laputa, il nome della città volante, era cinta da vari ordini di logge, con scale a dati intervalli utilizzabili per passare dall'una all'altra rendendo l'isola accessibile dal di sotto (come la fortezza di Zodar).

Al centro dell'isola volante si apriva una depressione di circa cinquanta iarde di diametro, da cui gli astronomi laputiani scendevano in una vasta cavità chiamata, Grotta degli Astronomi che era illuminata da venti lampade che ardevano senza posa. Riflettendosi sul diamante, la luce rischiarava tutta la caverna, piena di sestanti, quadranti, astrolabi e altri strumenti astronomici.
L'isola non poteva tuttavia muoversi oltre i confini del territorio sottostante, né sollevarsi oltre l'altezza di quattro miglia, perché la forza magnetica che le consentiva di fluttuare non si estendeva oltre questo limite, e i minerali che agiscono sulla calamita che consentono all’isola di muoversi nel cielo, sotto la terraferma e nella profondità del mare fino a sei leghe dalla costa, non sono diffusi in tutto il globo, ma limitati entro i confini dei domini del re.

nota. se paragonate alle strumentazioni aliene, ai motori, ai reattori e agli equipaggiamenti futuristici dell’Impero della Cometa, questa prima versione della fortezza volante di Swift ci appare quasi ridicola e ingenua.

Il passo da una fortezza poco più che naturale dipendente dalla forza magnetica delle calamite ad una artificiale costituita da solida fondamenta di metallo non è poi così breve.
Il primo progetto di una città volante artificiale lo dobbiamo a Alexander Weygers pittore, scultore, filosofo, inventore, ingegnere, scrittore ed editore, che solo nel 1931 svilupperà una serie di progetti che lo renderanno un tecnoartísta tra i piu' ammirati nel suo tempo. Tra i suoi progetti, infatti, figura un veicolo come un disco volante su cui poggia una versione aerea della città di San Francisco.
Il suo progetto vede la luce nel 1944 a cui viene dato il nome di Discoptero.
Weygers immaginava un futuro in cui la città di San Francisco avrebbe volato a centinaia di metri di altezza. Motori ed eliche simili a quelli utilizzati nel suo Discóptero sarebbero stati sufficienti per mantenere in aria una città di tale dimensione.
Anche se il suo lavoro in realtà, non andrà mai al di là di quello artistico, i progetti e disegni della città hanno avuto un indiscutibile "tocco" tecnico.
In quel periodo tutto sembrava possibile e si credeva che tutto ciò che si poteva immaginare sarebbe stato costruito alla fine. Weygers non era estraneo a questa tendenza, e presumeva che una città che poteva volare tra le nuvole era qualcosa che sarebbe stato vitale per il futuro.

Ma mentre Weygers  non esce mai dall’atmosfera terrestre, James Blish più lungimirante del suo predecessore nel 1957, porta avanti di un bel pezzo tramite i suoi racconti, l’idea di Weygers:
“Le città volanti” è la storia futura delle città abitate, che, staccatesi dal suolo del pianeta mediante un sistema speciale che neutralizza la forza di gravità, se ne vanno, come ciclopiche astronavi, vagabonde per lo spazio interstellare alla ricerca di mondi alternativi, inseguendo l'eterno e millenario sogno di Ulisse. 
Una saga che è sempre stata considerata, da critici, lettori e appassionati del genere, una delle colonne portanti della narrativa fantascientifica.

Nei romanzi dei sopraccitati autori non si accenna mai ad alieni che viaggiano e conquistano il cosmo a bordo di una fortezza intergalattica su cui posa un centro abitato. 
Né Voltaire, né Jonathan Swift, né Robert Potter, né H.G. Wells e nemmeno nella prima dell'epoca d'oro della fantascienza, da Hugo Gernsback a John W. Campbell, a Isaac Asimov, Arthur C. Clarke, Clifford Simak, a Robert A. Heinlein, troviamo crudeli abitatori alieni che a bordo in una gigantesca fortezza abitata ricoperta da scudi di plasma invadono e saccheggiano i pianeti che si frappongono sul loro cammino.

I primi a far viaggiare esseri alieni e non terrestri all'interno di una fortezza volante sono proprio gli autori di Yamato, che nel 1977 dopo l’uscita di scena del primo film di montaggio della saga, sono intenti a costruire le basi su cui impostare la storia del film che sarebbe uscito al cinema l’anno successivo. 
L’idea di Toyota, di Fujikawa e di Nishizaki sembra appetibile ad un pubblico che solo da poco grazie a Star Wars sta scoprendo la fantascienza.

Nel 1977 è Steven Spielberg a portare avanti le idee dei predecessori e ad aggiornarle e a modernizzarle secondo le nuove tecnologie della fine del 20 secolo.
Nishizaki e il suo staff si recano alle Hawai incuriositi dal nuovo kolossal del regista americano " Incontri ravvicinati del terzo tipo" e partecipano alla prima del film per trarre spunto o quanto meno, per confrontare il lavoro del regista americano con il loro, tuttavia, il messaggio e le impostazioni su cui Spielberg basa il suo film sono completamente diverse da quelle che loro vogliono inserire in Yamato.
Spielberg immagina la venuta degli esseri spaziali a bordo di una gigantesca astronave circolare ricca di luci, di colori con cui comunicano con l’uomo.
Il regista americano non inserisce alieni aggressori o invasori nel suo lavoro; la pellicola tratta un punto di vista molto originale e personale, ha una visione alternativa, spiazzante degli alieni.
Essi vengono in pace. Sono esseri curiosi e pacifici. Hanno rapito, negli anni, molti esseri umani, ma solo per poterli conoscere, per poter imparare da loro, per poterci parlare in una sorta di strano gioco a cavallo dell'universo. (...una visione piuttosto curiosa e poco credibile a parere di chi scrive...)
Nella lunga sequenza finale, uomo ed extra terrestri comunicano con i suoni e con i colori. 
Il brano musicale usato dagli alieni è uno spezzone di cinque note che verrà rapportato al nostro "salve!".

La Yamato però nel suo film aveva bisogno di incrociare una tipologia di alieni di stampo classico, la lotta della corazzata terreste per salvare la Terra e il rapporto con i crudeli invasori spaziali andava al di là del semplice “salve” di Spielberg. 
Il compito della corazzata, ormai indebolita dal lungo viaggio verso Iscandar (ricordo che questo sarebbe stato il suo ultimo viaggio) era salvare la razza umana dalle smanie di conquista dell’Impero del pianeta 10, (modificato poi in Impero della Cometa) intenzionato a sterminare o sottomettere la popolazione combattendo con le proprie flotte le forze armate terrestri e distruggendo le principali città.
Il comportamento e la filosofia di Zodar e compagni doveva per forza di cose (altrimenti inutile inserirli) essere diametralmente opposto a quello appena visto e allinearsi con quello già tenuto dagli alieni nei romanzi e nelle successive serie anime di fantascienza giapponesi:
Nel signore dell’Impero della Cometa non doveva albergare nessun sentimento di comprensione, ma incarnare il peggio dell’animo umano, doveva essere spietato, crudele, incurante dell’integrità e del moralismo più evidente. L'ego smodato e la sua ideologia di vita dovevano essere al centro di tutto il suo operato, spinto dalla smania di potere e da un insano senso di responsabilità, Zodar doveva elevare se stesso a governatore dell’universo, figurarsi come il traghettatore cui era affidato il compito di portare i popoli del cosmo verso un sistema di vita perfettamente funzionate ed equilibrato.
Memorabile il discorso che farà alla principessa di Telezar: “ Trelena, la gente vuole essere governata non vuole prendere decisioni, usare la propria volontà è troppo difficile, troppo impegnativo, vogliono le cose fatte per loro ma non da loro, e se l’universo deve funzionare lo stesso, chi deve pensarci?”
Un viaggio inutile quindi, gli alieni pacifici di Spielberg  non fanno al caso loro, lo staff di Yamato e il superproduttore ritornano in Giappone in cerca di nuove idee.








Gatlantidei: versione 1978 degli Xiongnu?









Anche la figura del popolo conquistatore alieno che sottomette per colonialismo, schiavismo, sfruttamento trae origini dal passato della nostra specie. Questo è evidente. Ma a chi si sarebbero ispirati i membri dell’Academy per creare gli abitanti di Gatlantis?
In rete, soprattutto nei siti e forum giapponesi, molti appassionati di Yamato paragonano gli abitanti dell’Impero della Cometa e il suo vagare per il cosmo alla civiltà (anche se io non ho modo né di confermare, né di smentire) degli Xiongnu, un popolo nomade dell'Asia centrale che diede vita verso la fine del III secolo a.C., a una grande federazione di tribù in grado di esercitare il proprio dominio sui vasti territori dell'Asia centrale. L'impero creato nel 209 a.C. dagli Xiongnu è il primo impero nomade riconosciuto storicamente come tale e si ritiene fosse localizzato nelle odierne Mongolia e Cina. 

Alcuni gatlantidei così come rappresentati in Yamato 2199

Doveva trattarsi, in ogni caso, di una imponente massa di abili guerrieri, dal momento che i documenti cinesi, databili tra I secolo a.C. e I secolo d.C. ci parlano spesso di un grande impero Xiongnu, già  ben conosciuto dal IV o III secolo a.C. che controllano un vastissimo territorio di steppe esteso verso ovest sino al Caucaso. (nel caso di Yamato, dalla galassia di Andromeda alla Via Lattea passando per le 2 nubi di Magellano).
Per ostacolare le loro scorrerie il primo imperatore Qin, Qin Shi Huangdi, intorno alla metà del III secolo a.C. iniziò la costruzione della Grande muraglia che in effetti le ostacolò ma non le bloccò Durante il regno del sovrano Kumite (noto anche come Laoshang Kumite Chanyu), che regnò tra il 174 a.C e il 160 a.C., gli Xiongnu aumentarono notevolmente la loro forza e riuscirono a penetrare in profondità nella Cina centrale, arrivando nel 166 da.C con un esercito di 100.000 cavalieri vicino (160 km) a Chang'an (capitale Han).
In seguito ad alterne vicende, tra cui una battaglia persa contro gli Xianbei nel 156 d.C. (in seguito alla quale furono costretti a migrare verso il lago d'Aral), le tracce degli Xiongnu finirono per scomparire dai documenti intorno al V secolo d.C. Tantissimi storici hanno identificato gli Hsiung-nu con gli Unni nel senso che fanno derivare gli Unni dall'etnia degli Xiongnu. Gli Xiongnu del I secolo, infatti, dopo aver interagito culturalmente con popolazioni autoctone non mongole nell'Asia interna, si mossero verso Ovest e attorno al IV secolo giunsero sui monti Urali.
Ad ogni modo, se il paragone fosse realmente confermato, l’accostamento dell’impero della cometa con gli Xiongnu  e quello della Terra con il popolo cinese dell’imperatore Qin Shi Huangdi diventerebbe palese.
i Gatlantidei rappresentati invece nella nuova serie di Yamato 2199 sembrano assomigliare di più ai Klingon di Star Trek che ai guerrieri del medioevo orientale.Peccato.








L’invasione aliena di Gatlantis








Nella tattica ideata dal principe Zodar sono condensate e amalgamate diverse tipologie di invasione, in esse si riflettono molte delle caratteristiche che riscontriamo nelle opere di letteratura del passato e nei film precedenti e successivi alla produzione della Serie 2 di Yamato. 
In essa troviamo 2 tipologie della cosiddetta:
Incursione aliena di Tipo A, ma con delle variazioni:
Le truppe di Zodar conducono ricognizioni e missioni di avanscoperta per saggiare la risposta della popolazione umana e in particolare delle forze militari terrestri. Al contrario di altre fiction, dove gli alieni scelgono bersagli isolati, quali zone desertiche o rurali come area per condurre dei test o per lo sbarco, i gatlantidei attaccano senza ritegno i centri nevralgici della Terra: città capitali, basi sulla Luna, su Marte e Venere.

Incursione aliena di Tipo B: Nel classico della fantascienza gli alieni incapaci di sostenere una invasione su larga scala a causa del proprio numero ridotto possono effettuare delle incursioni, sfruttando lo shock della propria venuta per ispirare terrore. 
E’ la tattica messa in atto anche da Zodar nell’episodio 21 della Serie 2, la flotta dell’Impero è appena stata distrutta e Zodar con le forze d’attacco quasi decimate, fa la voce grossa attaccando la Luna.
Un altro tipo di incursione è:
Occupazione aliena: una sistematica assente nella Serie 2 ma decisiva e schiacciante in Yamato Per Sempre:
In breve, gli alieni vincono e occupano la Terra o la civiltà umana almeno fino a che un movimento di resistenza umana sconfigge gli alieni e il loro governi fantoccio.

Possiamo azzardarci a dire in qualche modo che l’arrivo dell’Impero della Cometa sulla Terra alla fine dell’episodio 24, rispecchi in maniera diametralmente opposta le sensazioni vissute dai protagonisti e dagli spettatori del film di Spielberg che allora disse: «Volevo che fosse una storia molto semplice, vissuta da una persona qualunque, che doveva essere testimone di un evento straordinario, un'esperienza sconvolgente e ossessionante, di quelle che cambiano completamente la vita».
L'incontro dei terrestri con l'elite dell'Impero della Cometa, al contrario di quella serena e un po fasulla di Spielberg, si dimostra tutt' altro che semplice e indolore.


Per chiudere con ironia questo post, vorrei citare una voce di Wikipedia che riporta:
Anime e manga:
In molti fumetti manga e serie televisive a cartoni animati di origine giapponese, l'invasione è un meccanismo narrativo ricorrente, forzato fino a giungere alla parodia o all'avvenimento episodico. I titoli sono assai numerosi. Si va da Goldrake (classica invasione con mecha giganti) e Star Blazers (con battaglie spaziali di tipo militare) fino a Lamù (dove l'invasione è solo la premessa iniziale di storie umoristiche); da Neon Genesis Evangelion (dove peraltro la natura dell'invasore è decisamente misteriosa) a Keroro (altra parodia, con invasori allegramente inefficienti).
Alla Prossima!







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