Dedicato alla memoria di Yoshinobu Nishizaki


da Yamato Per Sempre alla Serie III












Le ultime tre stagioni del 1980 furono davvero frenetiche per lo staff della West Cape Corporation, perché, come per il 1978, quello fu l'anno nel quale si vide la nascita di ben due produzioni legate alla saga.
Un lavoro che fu doppio anche per Hiroshi Miyagawa e Isao Sasaki completamente assorbiti da queste due nuove produzioni.
Miyagawa, Yu Aku e Sasaki lavorarono a stretto contatto per scrivere le parole delle canzoni, infatti, sarebbe stato Isao Sasaki a cantare il primo brano o la 'canzone d’inserimento' per il film, la sua sarebbe stata la prima ad essere ascoltata nel film (per intenderci è quella che si ode quando l’equipaggio saluta la Terra): malinconica e profonda, potremmo considerare questa canzone come la versione della Sciarpa Scarlatta di “Yamato Per Sempre”.
Miyagawa si era occupato esclusivamente di Yamato negli ultimi cinque o sei anni, regalando solo a questo ultimo film cinque o sei LP.
Se si volessero contare una per una tutte le bgm composte dal maestro, si potrebbero tranquillamente raggiungere la somma di 400 pezzi.
Miyagawa commentò che se fosse andato avanti a comporre brani unicamente per Yamato, nessuno in futuro si sarebbe ricordato che era anche l’autore di molte altre opere.
In quel periodo il compositore sentiva il desiderio di scrivere musica anche per altri generi di fiction con stili differenti da quelli cui era stato abituato con Yamato, Miyagawa diceva sempre che la quantità di bgm necessaria per un film è parecchio inferiore a quella che invece occorre per un anime, perché in un anime le musiche occorrono anche quando l'immagine mostra un semplice sfondo immobile.
Nei film da vivo, questo non sempre è necessario poiché a volte basta il semplice respiro o lo sguardo di una persona a riempire il vuoto lasciato dalla musica.
Nulla di questo sfogo tolse però al maestro passione e la serietà per lavorare su Yamato.
Se si dovesse paragonare la musica di Yamato a un colore, Miyagawa avrebbe sicuramente scelto il blu, un blu quasi trasparente che lui identifica nella fisionomia di Sasha, che fa appuntò il suo debutto in questo film. Sasha è elegante, intensa e dotata di un certo sex appeal appunto come la musica di Yamato.
Miyagawa disse una volta scherzando che nessun accostamento di musica e di colori sarebbe stato possibile imprimere al dottor Sado, (personaggio che lui riteneva forse inutile) poiché sarebbe stato come accostare una danza AWA con la musica di Tchaikovsky.
Il primo album sinfonico di “Be Forever” vide la luce un mese prima della distribuzione del film nei cinema e che conteneva arrangiamenti sinfonici della prima metà del film.
Questo album ha anche il privilegio di avere la collaborazione di due nuovi membri ,che da Yamato Per Sempre in avanti, sarebbero andati ad ingrossare le fila dei musicisti come elementi permanenti dell’orchesta: il maestro violinista Tsugio Tokunaga, e il pianista Kentaro Haneda che allora cominciava una carriera che avrebbe percorso una prolifica strada negli anni post-Yamato. (Baldios, Macross, etc etc)



Di seguito il testo e la sigla di chiusura del film cantata da Akira Fuse


Ai yo Sono Hi Made

Moshimo ima kara hyakunen ga sugi
Bokura ni yoku nita kodomotachi ga
Hohoemi to uta to wo wasurenai toki
Hito ha mina aiseru kamo shirenai
Sono koro ni ha midori ga chi ni shitatari
Yawarakana hizashi ga hana wo sakaseru
Sono hi made sono hi made sono hi made
Ai yo kareruna kizutsukuna

Moshimo ima kara hyakunen ga sugi
Bokura ga yumemita toki ni nareba
Utsukushii hadaka ni nani mo matowazu
Hito ha mina aiseru kamo shirenai
Sono koro ni ha kirameku hoshi ga modori
Kokoro ni ha yasashii uta ga mebaeru
Sono hi made sono hi made sono hi made
Ai yo shibomuna kowareruna
Anata ha dare ka wo aishitemasu ka
Sore ha chikaku ni iru hito desu ka

Anata ha dare ka wo aishitemasu ka
Sore ha chikaku ni iru hito desu ka









Un Nuovo Progetto






Il passaggio da Yamato Per Sempre alla Serie III invece fu relativamente breve, la nuova produzione sarebbe andata in onda a ottobre di quello stesso anno.
Da tutti i punti di vista la terza serie fu il lavoro più ambizioso e impegnativo di tutte le produzioni televisive di Yamato, sia da quello dell’animazione (meravigliosamente realizzata) sia per il progetto di svilupparla per estenderla in 52 episodi, (in sostanza la serie più lunga mai realizzata dall’Academy/West Cape Corporation).
Purtroppo tale sogno si frantumò ben presto, perché alla fine della messa in onda, la serie non solo non fu doppia, ma addirittura di un episodio in meno rispetto alle precedenti due.
In tale contesto è curioso scoprire dalle note rilasciaste da alcuni membri dello staff, come sia emersa una certa insofferenza nei riguardi della terza serie dopo la sua conclusione; come se nessuno o quasi fosse rimasto soddisfatto di ciò che aveva realizzato.
Dando una scorsa alle interviste, si rimane sorpresi nello scorgere un clima così incerto e ambiguo, molti lamentarono che fu il poco tempo lasciato a disposizione agli animatori e ai direttori ad impedire alla terza serie di decollare al meglio. Il tempo limitato e l’esiguo numero di episodi, circoscrissero l’esposizione e la concretizzazione di idee e migliorie che avrebbero invece portato beneficio alla serie.
Nemmeno Matsumoto fu particolarmente entusiasta del compimento di questo nuovo lavoro, che forse iniziava a seguire con poco interesse e a malavoglia: erano già trascorsi sette anni da quando aveva iniziato a lavorare su Yamato e quello che non era stato digerito fin dalla prima serie, ora stava inevitabilmente venendo a galla.
C’era appunto da considerare che i rapporti tra Leiji Matsumoto e Yoshinobu Nishizaki non erano mai stati idilliaci. Matsumoto aveva una visione della fantascienza diversa da quella concepita dal produttore: chi può, faccia un raffronto obiettivo fra l’idea impressa in Capitan Harlock/GE999 e le confronti con quella di Yamato, si accorgerà di come le atmosfere e le caratterizzazioni dei personaggi siano decisamente diverse, più mature e decisamente meno eccessive; Yamato è privo, fatta eccezione per il dottor Sado e Arakome (..c'è sempre qualche pecora nera..) dello stereotipo dell'uomo tozzo, basso, un pò ridicolo con il corpo piccolo, la bocca e la testa sproporzionata (un esempio? Capitan Harlock the Endless Odyssey) di cui tutte le altre produzioni Toei di Matsumoto sono invece piene, anche la classica e ritrita città aliena; copia dei villaggi western terrestri non appare mai (GE999, Harlock, Galaxy Railways, Gun Frontier gli esempi più concreti)..ma si potrebbe continuare per ore.
Quindi se è vero che Yamato è una creatura di Matsumoto, non si può negare l'evidenza di quanto il Nishizaki-pensiero (più pacato e realista) sia fortunatamente alla base di tutta la produzione della saga, e la Rinascita dovrebbe esserne un esempio lampante.

Premesso questo, ci si accorge subito di quanto poco vi sia in Yamato dell’idealizzazione universale pensata da Matsumoto, che dovette, nel bene o male, soffocare il proprio Io e sottostare alla preponderante visione del produttore.
Il co-autore dice di avere un grande attaccamento per Yamato, ma per sua stessa ammissione, se un altro nuovo lavoro dopo la Serie III avesse visto la luce, lui non vi avrebbe partecipato, salvo che non avesse potuto metterci il cuore, in caso contrario non avrebbe più considerato Yamato come una sua opera. (cosa invece che non direbbe mai di Capitan Harlock..)
Molto probabilmente tanto disinteresse da parte di Matsumoto era dovuto (forse) olre all'esaperazione a cui l'aveva porato Nishizaki, anche al fatto che ormai tutte le sue attenzioni erano rivolte alla Toei Animation, dove molte delle sue idee e il suo stile di pensiero avevano preso forma in produzioni ben più lungimiranti di Yamato.
- Galaxy Express aveva raggiunto e superato i 100 episodi,
- Capitan Harlock del 1978 era terminata a 48 e ne era prevista un’altra di 22 entro un paio di anni;         
- Starzinger, la Regina dei 1000 anni e Danguard (altro suo soggetto ma affidato ad altri) avevano tutte superato la cinquantina di puntate.
Se Yamato fosse stata prodotta in Toei e non all’Academy, ci saremmo trovati ad avere una produzione sicuramente ben più lunga di quella attuale, con molti più film (più corti si spera) ma dalle atmosfere totalmente diverse: seguendo le idee di Matsumoto, infatti, ben presto ci saremmo ritrovati ad avere Harlock al comando della Yamato..(chi può osservi con attenzione i videogame della PS2 di Yamato Forever..capirà quello che sto dicendo), quindi, pur comprendendo l'ostilità di Matsumto verso Nishizaki, non posso che condivedere molte (ma non tutte) delle disposizioni e delle direttive imposte dal produttore alla serie.






Nuovo Staff, Nuovi Talenti





Oltre ad essere stata “abbandonata” da Matsumoto (che comunque ideò parte della sceneggiatura) Yamato veniva a trovarsi anche privo della collaborazione del suo regista di sempre: Noburo Ishiguro questa volta non era riuscito a salire a bordo della produzione poiché era già sotto contratto con la Tezuka Pro per la direzione della versione 1980 di Astro Boy, ci consola però sapere della sua partecipazione ad alcune scene di battaglia per “Yamato Per Sempre”.
Toccò a Eichi Yamamoto sostituire Ishiguro. Eiichi Yamamoto aveva già lavorato alla seconda serie ideando e scenggiando anche il film di montaggio, ma dovette ugualmente prendere nuovamente confidenza con la regia di Yamato molto rapidamente.
Yamamoto non ebbe problemi con i concetti propri della saga, ma si trovò in difficoltà nel caratterizzare i nuovi membri; il suo timore di non riuscire a dar loro abbastanza familiarità agli occhi dei fan, si ripercosse inevitabilmente sul risultato della definizione da imprimere su di essi.
L’insicurezza di Yamamoto finì per influenzare anche il lavoro di Kenzo Koizumi, che come character design disse di essere riuscito a ottenere una solida immagine di Domon (Stardust) al suo primo tentativo, ma di aver riveduto quello di Ageha (Wayne) un paio di volte, mentre tra le fila di Galman, Koizumi dovette rinunciare a migliorare l'immagine di Keeling (un novello Kript della Serie III) a cui teneva particolarmente dare una personalità maggiormente sensibile (malgrado il suo aspetto freddo e distaccato), ma alla fine questi apparve solo come il capo del personale: un semplice ornamento sullo schermo.

Il dramma del calendario serrato ossessionò un po’ tutte le parti coinvolte nella produzione. Anche Atsushi Kugimaru rammaricò un tempo di lavoro e un numero di episodi davvero troppo limitato per esplorare a fondo la personalità dei tanti personaggi presenti nella nuova serie, anche lui insistette che se la produzione fosse continuata, sarebbe stato più facile ampliare e arricchire la sceneggiatura psicologica dei protagonisti. Hideaki Yamamoto, anche lui di questo parere, si adoperò molto affinché i fan capissero e dessero più rilievo agli avvenimenti delle vicende piuttosto che al dettaglio delle battaglie, che secondo lui erano soltanto delle immagini superficiali. Abbastanza insoddisfatto fu anche Hiroshi Sasagawa, che preoccupato di non essere stato all’altezza di chi lo aveva preceduto, si angustiava sul dubbio di aver continuato o meno la saga rispettando in pieno il lavoro precedente, alla fine ci tenne anche a ringraziare gli animatori che avevano coperto le sue mancanze e i suoi errori.
Se non altro, Takeshi Shirado e Toyoo Ashida condivisero l’opinione che quello di armonizzare regia e animazione fu un sistema che riuscì, nonostante tutto, ad esprimere pienamente la volontà del regista, ciò significò lavorare in modo più concreto e meno stressante per tutti.
Condividendo il parere di Shirado e Ashida, Geki Katsumata con una visione delle cose un po’ più ottimistica, disse che il metodo impiegato per la realizzazione grafica di questa nuova serie fu dei più corretti e che donò alla produzione un grande senso di coerenza. Poiché la storia si sarebbe evoluta in una nuova direzione, sembrò giusto a dispetto delle difficoltà, creare e far evolvere nuovi stili, trasformando quelli fin ora utilizzati in espressioni più vivaci e moderne.
Il lavoro di Katsumata impresse alla serie una sensibilità più solida e profonda, ciò si rese indispensabile anche per via dell’ampiezza narrativa che stava ricoprendo la storia della nuova serie, questa volta lo spazio esterno si sarebbe presentato (a differenza delle precedenti serie) con una profonda e ricca tipologia di colori necessari per la raffigurazione delle variegate mappe interplanetarie, (ora non più per un solo nemico): verde per l’Impero di Galman, rosso per la Federazione di Polar e blu per il pianeta Sherpard.

Animation cell di Derek Wildstar (Susumu Kodai)
dell'episodio 11 della Serie III
Anche la colorazione dei corpi celesti esterni assunse tipologie diverse e particolari, la superficie di un pianeta non doveva per forza di cose assomigliare a quello della Terra, ma variare, ed ecco che si utilizzarono molto di più il marrone, il verde e il viola.
Per il pianeta Phantom, per esempio, si presero i punti di base più similari a quelli della Terra per poi riarrangiarli.
Nuovi stili e nuove colorazioni implicavano anche un rinnovato design dei mecha.
Se ne occupò ancora una volta il grande Katsumi Itabashi, che pur lamentando la mancanza di tempo che finì per affrettare il suo lavoro, riuscì comunque a conseguire con cura la progettazione meccanica delle astronavi dell’Impero di Galman e di quelle della flotta terrestre.
Questo lavoro fu la quarta produzione di Yamato per lui, ma il suo rammarico (come per gli altri) è che molti dei suoi disegni non furono utilizzati o solamente accennati, come i robot da lavoro intravisti solo di rado (ep 2).
Ad Itabashi si deve anche la progettazione e la realizzazione del Cosmo Delta o Cosmo Hound, il velivolo da ricognizione che verrà istallato sulla Yamato sul fianco sinistro in prossimità della poppa e che servirà all'equipaggio come veicolo destinato all'attività di superficie sui pianeti da esplorare.
Gran parte del migliorato e rinnovato stile meccanico delle flotte di Galman/Gamilas si deve soprattutto all'innovativo lavoro di Yutaka Izubuchi.
nota. Nel 2012, Izubuchi diventerà a tutti gli effetti il responsabile di Yamato 2199, la serie remake della Serie 1 del 1974.
Izubuchi era stato un grande fan della prima serie e ciò gli permise di dare tutto se stesso nel miglioramento dello stile di Leiji Matsumoto: il suo talento gli permise di realizzare il magnifico design della diciassettesima flotta di astro portaerei del Generale Dagon, imprimendo in essa una cura nel dettaglio senza precedenti: sua fu anche l’ideazione della nave da guerra americana Arizona, (fortemente voluta da Matsumoto, ma bocciata da Nishizaki che la fece schiantare senza troppi rimorsi sul pianeta Beta nell'ep 23) e di tutto l’arsenale del Pianeta Sherpard (ep 24).

Izubuchi presentò alla produzione alcune idee concettuali e innovative che furono promosse e inserite, (come i sottomarini multi-dimensionali del comandante Franken), reinventò anche lo stile architettonico di Gamilas dando un nuovo aspetto alle città personalizzando sia le città che il Palazzo di Dessler che rielaborò più volte per renderlo perfetto.
Di fronte a simili premesse, è impensabile affermare che la serie III sia stata un fallimento, davvero non si capisce per quale motivo vi sia stata tanta apprensione tra le fila degli animatori e dei disegnatori visto che questa è la produzione migliore ( a detta di chi scrive) di Yamato che sia mai stata trasmessa sullo schermo.
Probabilmente furono gli indici di ascolto in ribasso a gettare nello scoraggiamento lo staff, di fatti la terza serie televisiva ottenne “solo” (se paragonato al 26% della serie 2) il 15,4 per cento di shere.
Non si sa bene perché la fase calante di Yamato sia iniziata così presto, solo due mesi prima i cinema erano stracolmi di fan adoranti, ma ora gli ascolti iniziavano a scendere in caduta libera; proprio adesso che erano stati presentati elementi di fantascienza di notevole rilievo, una pregevole qualità di animazione superiore alle precedenti produzioni e un character design quasi degno di un film cinematografico.
Nishizaki e i fan adoranti che volevano che la saga continuasse ancora a lungo, vedevano cadere Yamato proprio all’apice della sua produzione.
Anche questa volta però Nishizaki non si arrendera' e contando sulle proprie forze mettera' in cantiere per il 1983 uno dei più grossi Kolossal che l’animazione giapponese avesse mai visto (molto probabilmente la sua idea era di ripetere per l’ennesima volta la fortunata esperienza di Arrivederci Yamato)...ma di questo parleremo piu' avanti.
Alla prossima!








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