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Ecco dunque le prime 2 sceneggiature di quello che voleva essere il finale della saga di Yamato. La scrittura di Toyota, sebbene particolarmente adulta, è molto lontana da quella che sarebbe diventata poi quella definitiva, ma in essa intravediamo parti di quella che tre anni più tardi sarebbe diventata la Serie III, mentre leggendo quella di Fujikawa, capiamo che molto del materiale di idee presentato alle riunioni non è mai stata gettato alle ortiche ma riposto con cura in attesa di essere ripreso in un secondo momento. Pur essendo stata respinta, parte dell’idea di Toyota è sopravvissuta nella Serie III e altrettanto dicasi per le parti omesse di quella di Fujikawa riprese poi nella Rinascita, questo la dice lunga sulla fiducia che Nishizaki riponeva nei suoi autori, altri produttori avrebbero semplicemente cestinato una sceneggiatura inadatta al progetto, ma per Nishizaki nulla era da buttare.
Ecco dunque le prime 2 sceneggiature di quello che voleva essere il finale della saga di Yamato. La scrittura di Toyota, sebbene particolarmente adulta, è molto lontana da quella che sarebbe diventata poi quella definitiva, ma in essa intravediamo parti di quella che tre anni più tardi sarebbe diventata la Serie III, mentre leggendo quella di Fujikawa, capiamo che molto del materiale di idee presentato alle riunioni non è mai stata gettato alle ortiche ma riposto con cura in attesa di essere ripreso in un secondo momento. Pur essendo stata respinta, parte dell’idea di Toyota è sopravvissuta nella Serie III e altrettanto dicasi per le parti omesse di quella di Fujikawa riprese poi nella Rinascita, questo la dice lunga sulla fiducia che Nishizaki riponeva nei suoi autori, altri produttori avrebbero semplicemente cestinato una sceneggiatura inadatta al progetto, ma per Nishizaki nulla era da buttare.
Analizzando invece i progetti per il lato nemico, ci accorgiamo che nell’idea di Fujikawa s’intravedono le basi di quello che diverrà il vero volto dell’Impero della Cometa: una fortezza gigante abitata da un popolo di crudeli e spietati conquistatori.
Nella sceneggiatura che lo scrittore consegna a Nishizaki, non esiste un popolo vagante che viaggia nello spazio a bordo di una fortezza volante che ha le sembianze simili a una cometa, ma si tratta di una cometa autentica, quella di Halley, che diviene uno strumento con cui l’imperatore Valaskes si serve per realizzare i suoi piani. Siamo ancora lontani dalla scrittura definitiva, ma la via non sembra essere poi così lunga.
L’idea di Fujikawa sembra un ottimo trampolino di lancio sul quale stendere il resto della storia, e il 22 Dicembre del 1977, Nishizaki oltre a quella di Leiji Matsumoto vuole anche la collaborazione di Toshio Masuda, di Fumio Kounami e di Yoshikazu (Gundam) Yasuhiko che avevano già lavorato sulla Serie 1.
Un' illustrazione per il romanzo "La città in volo" di James Blish |
nota. James Blish ha scritto anche molti dei romanzi dedicati a Star Trek.
Ovviamente la tipologia delle illustrazioni dei due romanzi non sarebbe bastata per conferire un aspetto definitivo e personale alla fortezza, quindi era necessario ispirarsi e/o inventarsi qualcosa di nuovo ma affine ai soggetti menzionati per conferire alla città volante un’impronta esclusiva.
Destino vuole che proprio in quei mesi Steven Spielberg gira un film di fantascienza che rimarrà negli annali del cinema americano: Incontri ravvicinati del terzo tipo, Nishizaki ne è entusiasta, vuole andare a vederlo e scoprire se è avverabile la possibilità di cogliere da esso qualche ispirazione o in un certo qual modo porre un confronto tra l'SF giapponesese e quella americana:
Il design definitivo dell'Impero della Cometa |
Mentre si attendono gli sviluppi per la storia definitiva, giunge il momento di pensare alle musiche per il film. Nishizaki pensa di servirsi dello spessore acustico e dirompente di uno strumento musicale piuttosto particolare, uno potente e penetrante in grado di conferire con la sua unicità, un’impressionante carica di potenza, di massa e peso alla fortezza e alla cometa stessa, qualcosa che nemmeno un’orchestra di 70-80 persone avrebbe potuto gestire: L’organo a canne.
Nishizaki e il suo staff
alla isole Hawaiifoto
dal numero di Luglio 1978
di
Animage |
Questa decisione va ricercata nei ricordi della giovinezza del produttore, Nishizaki, infatti, poco più che ventenne, era rimasto impressionato da una scena di un film che aveva visto 20 anni prima: 20.000 leghe sotto i mari, l’adattamento cinematografico di Walt Disney ispirato dal romanzo di Jules Verne, Nishizaki ricordava il capitano Nemo mentre suonando l’organo a canne nella sua cabina, sfogava in esso tutto il suo tormento.
Il produttore era certo che avrebbe ottenuto lo stesso effetto se il pubblico avesse veduto sullo schermo l'Impero della Cometa accompagnato dalle potenti note di quello stesso strumento.
Il produttore era certo che avrebbe ottenuto lo stesso effetto se il pubblico avesse veduto sullo schermo l'Impero della Cometa accompagnato dalle potenti note di quello stesso strumento.
La decisione è presa, e mentre Nishizaki invita Hiroshi Miyagawa a comporre il tema principale del film, arrivano i nuovi membri dello staff e con loro si decidono molti dei cambiamenti che avrebbero portato alla sceneggiatura definitiva.
Alla fine di Dicembre, si decide di inglobare la colossale nave da battaglia dell’imperatore in una città fortezza a sua volta celata dall’aspetto della cometa.
Alla fine di Dicembre, si decide di inglobare la colossale nave da battaglia dell’imperatore in una città fortezza a sua volta celata dall’aspetto della cometa.
Tra Natale e capodanno le idee dei vari autori vanno ad amalgamarsi fino a quando la trama di base (molto simile a quella del film) è elaborata, tuttavia Nishizaki non è completamente soddisfatto del progetto e decide così per il 7 gennaio 1978 di trascorrere una settimana di meditazione insieme a Leiji Matsumoto, Toshio Masuda, Noboru Ishiguro e a Tomoharu Katsumata nelle tranquille suggestive isole Hawaii per assistere alla proiezione del film di Spielberg, sviluppare e affinare al meglio il tema di amore per l'umanità da imprimere ad Addio Yamato e lasciare anche a Leiji Matsumoto la possibilità per creare i disegni per il film.
nota. è molto probabile che alcune delle bozze dei personaggi dell’impero della cometa come l’imperatore Zordar (Zodar) e quello di Sabera (principessa Invidia) siano state create dallo stesso Matsumoto (e poi rivisitate nel corso delle settimane successive) proprio nella stanza di quell’albergo alle isole Hawaii.
La scampagnata alle Hawaii ha dato i risultati sperati. Nishizaki e il suo staff si tolgono la curiosità e
assistono alla proiezione del film. Osservando la scena finale della pellicola in cui appare la nave madre aliena approssimarsi alla base americana per l'atterraggio, Nishizaki oltre ad indovinare che le luci accese sull’intero perimetro dell’astronave non rappresentavano solo una specie di lampadario, (ma che in realtà si trattava di una città intera illuminata dal buio della notte), medita che certe similitudini nel mondo della cinematografia sono una realtà con cui fare i conti, si mette quindi l’anima in pace dopo essersi accorto della somiglianza tra il design della nave madre della pellicola americana e quella della città fortezza di Yamato.
Pochi giorni dalla prima del film Nishizaki, quindi, inviterà a non considerare il design dell’impero della cometa come una copia di Incontri ravvicinati del terzo tipo, (poiché non era certo nelle loro intenzioni copiare quel progetto) e confidava che il pubblico stesso, una volta visto il film, si sarebbe accorto della differenza.
Tra Gennaio e Marzo del 1978 sono scelti i nomi di tutti dei personaggi, dal nuovo capitano della Yamato a quelli delle fila nemiche: Zordar, Genitz, Goland, Sabera, etc
nota. Gatlantis, era originariamente destinato a essere il capitano della Dreadnaught, la gigantesca nave spaziale di Zordar che fuoriesce dalle rovine dell’impero della cometa alla fine del film e della serie 2, quel personaggio è stato poi eliminato dalla storia, ma il nome è stato dato alla stessa città imperiale.
I primi mesi dell’anno sono anche il periodo in cui il produttore affida a Kenji Sawada il compito di cantare la colonna sonora del film, Nishizaki voleva per il finale una canzone che parlasse d’amore, non l’amore passionale che intercorre tra un uomo e una donna, ma quel tipo di sentimento che ti spinge a sacrificare tutto te stesso pur di proteggere chi ami. Questo film si sarebbe concentrato appunto su questo, a quest’offerta d’amore che l’equipaggio della Yamato dona agli abitanti della Terra; questo doveva essere il tema principale della canzone.
Kenji Sawada allora cavalcava l’onda del successo, e da accorto produttore quale egli era, Nishizaki decideva che era lui l’artista che aveva le giuste doti per trasmettere al pubblico il tema della canzone. Alcuni si chiesero perché non avessero chiesto a Isao Sasaki di interpretare la canzone. Rigirando la domanda che gli era stata posta, Nishizaki rispondeva che Sasaki era richiesto per gli altri pezzi che richiedevano la potenza della sua voce e ribadiva apertamente che Sawada, a dispetto dei dubbi, era comunque il più adatto; meglio di chiunque altro, ad interpretare quel brano. Sottolineava anche che all’Academy non si facevano le cose a caso, ma che si cercava sempre di abbinare la persona giusta alla canzone giusta.
nota. in effetti Nishizaki non aveva torto, chi possiede l’intera discografia di Yamato (come me) si sarà accorto che la versione della sigla finale del film interpretata da Sasaki, seppur ricca di pathos, non è altrettanto efficace come quella cantata da Sawada.
Il 1 di Agosto del 1978, 4 giorni prima dell’uscita nelle sale del film, la Polidor Records giapponese immetterà sul mercato il singolo della colonna sonora del film interpretata da Sawada: Yamato Yori Ai Wo Komete. Il pezzo rimarrà ai vertici della classifica per molte settimane vendendo oltre 250.000 copie.
Ora non restava altro che stabilire la durata definitiva del film. Inizialmente si era pensato di estendere una trama che coprisse una durata di 2 ore e 45 minuti, poi, si decise di stringere i tempi sino a 2 ore e 30 minuti.
L'Imperatore Zordar il Grande(o principe Zodar) in una fan art in cui è attorniato dalle due versioni di Sabera: Film e serie tv |
Mancano appena cinque mesi alla data ufficiale della distribuzione del film nelle sale e Nishizaki, Matsumoto, Tadanao, Kogawa con Miyatake dello Studio Nue, spostano la base operativa del loro lavoro negli studi della Toei Animation (che avrebbe distribuito la pellicola nelle 130 sale del Giappone) nel quartiere Nerima a Tokyo.
A detta del produttore non vi sarebbe stato abbastanza tempo per realizzarlo negli studi dell’Academy prima del 5 agosto e ironizzando su questo, Nishizaki disse che se lo avessero fatto “a casa” il film non sarebbe stato pronto fino alle feste di Capodanno del 1979.
Fortuna vuole che in quegli anni la Toei Animation ha sotto contratto anche altri artisti dell’animazione, quindi oltre ai citati artisti dell’Academy si sarebbero aggregati poco alla volta altri grandi dell’animazione che negli anni a seguire avrebbero lasciato la loro indelebile impronta nel mondo degli anime; Arrivederci Yamato ha nel suo staff di disegnatori anche il grandissimo Shingo Araki, che nel film si occuperà delle scene centrali della pellicola: la sequenza diYuki che spira tra le braccia di Kodai è proprio di Shingo Araki.
Alla fine di Luglio il film è completato.
Il costo di produzione del più grande kolossal che l'animazione giapponese avesse mai visto sino ad allora supera i 400 milioni di yen: quasi 5 milioni di euri di oggi o i quasi 8 miliardi delle vecchie e care lire italiane.
Nel video, il Trailer cinematografico del 1978
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